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Le origini
La vastedda ca’ meusa è senza ombra di dubbio uno degli street food più amati ed apprezzati al mondo. La storia di questo piatto, divenuto famoso nei secoli, è una storia davvero molto antica ed è strettamente legata alla presenza degli Ebrei a Palermo.
Una tradizione ebraica
Fino al 1492 la comunità ebraica presente in città, viveva all’interno di un proprio ghetto. Tra le tante attività a cui era dedita c’era pure la macellazione. Un’attività che esercitava nel mattatoio allora situato nell’odierno mercato del Capo, nella piazzetta detta dei Caldumai. Visto che la loro religione gli vietava di essere ricompensati in denaro, i macellai ebrei trattenevano per sè come compenso le interiora dell’animale, escluso il fegato che era ritenuto pregiato. Fu così che nacque un vero e proprio capolavoro dello street food siciliano. Le frattaglie bollite e sterilizzate finirono col deliziare i gentili “cristiani” che le mangiavano con le mani per le strade assieme al pane, il tutto arricchito con ricotta o formaggio.
L’evoluzione della vastedda ca meusa

A seguito del dominio spagnolo di Re Ferdinando II d’Aragona, gli Ebrei furono cacciati via dalla città ma questo piatto sopravvisse dapprima grazie ai caciuttari o formaggiari e ai loro chioschi ambulanti. Nell’Ottocento, poi, nacquero le famose Focaccerie in cui si poteva gustare il pane ca’ meusa nella versione schietta o maritata, come avviene ancora oggi. Nel primo caso alla pagnotta riempita con milza e polmone fatti sfrigolare nello strutto si aggiunge solo una spruzzata di succo di limone. Nella versione maritata, invece, si aggiunge ricotta e caciocavallo a scaglie
Articolo di Roberta D’Ancona